I Spiritari” un antico mestiere di spirito ed essenza.

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I Spiritari” un antico mestiere di spirito ed essenza.

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I Spiritari” un antico mestiere di spirito ed essenza.

Scritto il2 FEBBRAIO 2021 GIUSEPPINA BALLARINO

Siamo nel periodo dell’anno in cui gli agrumi colorano di giallo, di arancione di rosso, le campagne, i “giardini” siciliani, le tavole modeste e quelle sontuose, al naturale o in dolci prelibati. Il profumo fresco, intenso e aromatico dei frutti e quello delicato e seducente dei fiori di zagara aleggiano nell’aria, diffondendo note di candida sensualità nelle giornate spesso soleggiate di questo timido inverno siciliano.

Questo articolo tratta del processo di estrazione dell’essenza che si ricava dalla scorza di questi frutti paradisiaci, che si trasforma in fragranze sublimi di alta profumeria e non solo, ma soprattutto dei virtuosi “spiritari”, che con fatica e sudore rendevano possibile questa magia e ne sono, anzi ne erano, i veri protagonisti.

Anche dai fiori di zagara si estrae un’essenza dal profumo soave (il neroli), ma seguendo un diverso metodo di estrazione.

Gli agrumi che hanno più largo impiego nel campo della profumeria sono il bergamotto, il mandarino, l’arancia, il cedro e le fragranze che ne derivano sono frizzanti, toniche, vivaci, mettono allegria e buonumore, sanno di “pulito” ed evocano il Mediterraneo. Vengono definite “esperidate” con riferimento alle Esperidi le ninfe che custodivano un magico giardino di pomi d’oro, le arance (vedi precedente articolo…)

Per realizzarle si utilizzano gli oli essenziali estratti dalla scorza (epicarpo) che inizialmente hanno natura oleosa appunto. Vengono utilizzati non solo in profumeria ma anche per altri usi come la produzione di canditi, di gelificanti, come solvente naturale delle vernici e nel campo farmaceutico per i notevoli effetti benefici sulla salute, soprattutto l’essenza del limone che è  antisettica, anti età, tonificante, purificante, sebo regolatrice per i capelli e migliora la concentrazione. La versatilità dei frutti dorati è vastissima.

Vediamo di saperne di più in merito al processo di estrazione dell’olio essenziale e all’importanza che ha avuto in passato nell’economia siciliana, del messinese in particolare.

Il fiore all’occhiello in questo mestiere era Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, dove la lavorazione degli agrumi costituì per secoli la fonte principale di sostentamento. Vantava una manodopera specializzata di artigiani eccelsi “i spiritari” veri e propri maestri che tramandavano il mestiere ai figli e così di generazione in generazione.

La stagione iniziava nel mese di novembre con la raccolta “a cugghiuta” dei frutti maturi e succosi, che si svolgeva in un’atmosfera goliardica ma senza mai distogliere l’attenzione dal lavoro che andava fatto con celerità e anche con delicatezza per non rovinarne soprattutto la buccia. I gruppi di raccoglitori erano le ciurme o chiurme termine di curiosa assonanza marinara. Venivano supportati da ragazzi  che provvedevano a svuotare i cesti e i panari. Il raccolto veniva poi trasferito in appositi  magazzini.

In alcuni di quei magazzini si seguiva il procedimento per la commercializzazione in altri quello dell’estrazione dell’essenza. Nei primi le donne procedevano alla “cernita”. Le cernitrici sceglievano i frutti più adatti al commercio. Era poi il turno delle  “incartatrici” che li incartavano e li disponevano nelle cassette per la spedizione. Il lavoro per quanto faticoso si svolgeva in un clima di convivialità fra canti e cunti e stornelli siciliani.

In altri magazzini si eseguiva il processo estrattivo. Questa delicata operazione “la spumatura” di competenza prettamente maschile era preceduta dalla “cavatura” di prevalente competenza femminile. I frutti venivano tagliati in due perfette metà con un coltello lungo e particolarmente affilato detto “u cuteddu ‘i spiritaru” e poi ne veniva eliminata la polpa con “u rrasteddu”, un taglierino in ferro particolarmente affilato e ricurvo simile a un rastrello. Le cavatrici erano di una celerità sorprendente in quanto il guadagno era in rapporto ai “cofini” che venivano riempiti.

La fase successiva riguardava le scorze che, ormai svuotate dalla polpa, venivano immerse in una vasca riempita con acqua e calce per circa un’ora. Questo passaggio era necessario per rendere più compatte le bucce per una più agevole e proficua estrazione a mano dell’essenza. Questa fase denominata come già detto, “spumatura” veniva effettuata da uomini, artigiani specializzati chiamati “spiritari” appunto perché estraevano “u spiritu”.

“I spiritari” con i pollici pigiavano con forza la scorza per farne fuoriuscire l’essenza che andava ad impregnare delle grandi spugne naturali “le sponze“.

Quando le spugne erano sature venivano spremute nella “culina” o “cunculina” un contenitore in terracotta con beccuccio sotto cui vi era un foro.

Quando la “cunculina” era colma lo spiritaro passava alla fase della “sciusciata” (soffiata).  In pratica inclinava il recipiente affinchè  il liquido fosse all’altezza del foro e soffiando faceva si che solo  l’essenza che si raccoglieva in superficie, in quanto più leggera dell’acqua, andasse in un altro contenitore.

L’essenza poi si lasciava decantare, veniva filtrata e messa in cilindri di rame (le ramere). Per evitare che la luce  alterasse l’essenza  la “spumatura” avveniva quasi sempre di notte con gli uomini che resistevano al sonno e alla stanchezza raccontandosi aneddoti, avventure reali o immaginarie, episodi della quotidianità, sostenendosi a vicenda per portare a termine il lavoro prima che facesse giorno. Occorrevano tra le 4 e le 5 ore di lavoro per estrarre l’olio essenziale da mille limoni.

Era questo un mestiere che, per quanto faticoso, a lungo andare aveva anche i suoi vantaggi, in qualche maniera immunizzava infatti dai malanni chi lo svolgeva. Si racconta che “i spiritari” e le loro famiglie raramente furono colpiti dalle pestilenze che imperversarono in Europa, fino alla spagnola degli inizi del ‘900.

Durante l’Ottocento iniziarono i tentativi di meccanizzazione manuale per rendere il processo di estrazione più veloce, tentativi malriusciti. Successivamente si idearono delle vere e proprie macchine più sofisticate come la “sfumatrice” e la “pelatrice”. Intorno alla metà del 1800 il calabrese Nicola Barillà ne inventò una che garantiva rese elevate e una qualità finissima dell’essenza e per questo ricevette un premio da parte del governo delle Due Sicilie.  Alla macchina calabrese ne succedettero altre più moderne.

Oggi l’estrazione degli agrumi avviene con la spremitura a freddo perché essendo termosensibili si ossidano alle alte temperature. La spremitura avviene mediante un torchio che pressa le bucce facendone uscire l’olio. Per raccogliere 15 ml di olio essenziale di limone si premono le bucce di circa 45 frutti. Con l’utilizzo delle macchine gli “spiritari” sono ormai un nostalgico ricordo di tempi che furono….


Sicilianitudine.altervista.org


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