Palermo, i genovesi e la chiesa di San Giorgio

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Pubblicato in Cultura e Società · Giovedì 02 Feb 2023
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Palermo, i genovesi e la chiesa di San Giorgio

La città di Palermo è stata fondata da mercanti, quindi il periodo più interessante per la città riguarda i traffici commerciali, già a far data del XII secolo si registra la presenza nella città di Palermo, mercanti stranieri.
I Genovesi a partire dall' XII secolo si sparsero in diverse parti del Mediterraneo e ovviamente anche in Sicilia. Gli stessi, i Genovesi, abili navigatori possedevano flotte mercantili e da guerra ed intrattenevano  rapporti commerciali nei porti del Mediterraneo e non solo, anche con gli inglesi.
Prossimi al 1117 è l'anno in cui i genovesi stipulano un trattato col normanno Ruggero, assicurandosi l'esenzione dalle imposte e il diritto di tenere un loro console a Messina. Quasi 50 anni dopo, ottengono da Federico Barbarossa la città di Siracusa, oltre a una strada e un fondaco che a seconda della sua importanza poteva essere albergo, magazzino, mercato o tutte e tre le cose.
Albergo sta ad indicare associazioni o consorterie di famiglie nobili, è una tipica istituzione genovese, dove, era raccolto e distinto il popolo genovese sin dal 1135, sostituite poi da una serie di consorterie, formate di famiglie nobili più o meno elevate e di famiglie popolane aderenti, le quali tutte smisero o per patto o per usanza i proprî cognomi, assumendo il nome della famiglia principale dell'Albergo.
L'Albergo oltre ad avere fini economici, ebbe fini politici, un albergo genovese è quello dei Giustiniani, nel 1576 si abolirono gli Alberghi: ogni famiglia riprese il suo cognome, e tutte furono iscritte, all'uso di Spagna, nel Libro della nobiltà che fu poi detto d'oro.
I Genovesi erano un popolo alquanto influente in Sicilia soprattutto nella parte occidentale
Come luogo di culto i Genovesi avevano a Palermo una loro cappella, detta di San Giorgio, nell'atrio del convento di San Francesco d'Assisi (Capela mercatorum Genuensium), nella quale nel 1526 eressero una  edicola marmorea, realizzata da Antonello Gagini. Nel 1575 a ridosso del nuovo porto per essere status symbol della nazione e per avere più spazio per le proprie attività e per le sepolture di personaggi illustri
Chiesero e ottennero nel 1576 la chiesa di San Luca e la riedificarono dedicandola al martire S. Giorgio loro protettore.
La chiesa attuale fu edificata in un'area nella quale esisteva un'altra chiesa dedicata all'evangelista San Luca e risalente al 1424. La confraternita che la governava l'abbandonò, perché la Confraternita era impossibilitata a sostenere le spese per il restauro del luogo di culto. La comunità genovese comprò la chiesa e i terreni circostanti, concordarono con la confraternita di San Luca  una cappella ove seppellire i propri confrati, come controparte i genovesi avevano facoltà di demolire e ricostruire la chiesa dedicandola ad uno dei simboli storici della città di Genova San Giorgio, oltre ad uno Spedale pei genovesi. I Rettori di San Luca si riserbavano il diritto di avere nella nuova Chiesa una cappella dedicata al santo.
L'anno in cui venne terminata la chiesa di San Giorgio dei genovesi sembra sia il 1591 come si può ricavare da un'iscrizione sotto la finestra ovale della facciata.
La facciata presenta tre porte di ingresso, delle quali la centrale è la maggiore, quattro lesene di ordine dorico ornato che sorreggono una trabeazione aggettante, con l’interno della chiesa diviso in tre navate.
La pianta della chiesa è a croce latina. Le tre porte di ingresso corrispondono alle tre navate di cui è composta la chiesa. La navata centrale è la maggiore e frammezzata da pilastri che la separano dalle navate laterali. I pilastri hanno qualcosa di particolare, sono composti da gruppi di colonnine di marmo binate con capitelli corinzi.
Le stesse colonnine insieme fungono a loro volta da pilastri che sorreggono capitelli dorici molto lavorati, i quali a loro volta sostengono le arcate che percorrono la navata. Al centro del transetto si eleva la cupola ottagonale sorretta da quattro pilastri con otto colonne ciascuno.
La stessa cupola è riprodotta come basso rilievo in una lapide nel pavimento. Le navate laterali ospitano diverse cappelle, ognuna è adornata da cornici marmoree e custodisce importanti dipinti.
Ma ci troviamo a parlare di questa chiesa per l'insolito pavimento, che accoglie, 64 lapidi tutte diverse di uomini e donne genovesi, esponenti delle principali famiglie della nobiltà genovese, quali hanno vissuto in città fino alla loro morte.
La prima lapide, la più antica, è del 1579 e riguarda una donna, una certa Caterina Mabrila. In questa lapide è scritto: «Questa è la prima dona sepulta in questa Ecclesia e questo fu lano terzo poii la edificacione di questa Ecclesia. Il nome suo Caterina Mabrila vixe ani 62 morse a dì XI di 7bre lano 1570 (corr. 1579)».
Un'altra interessante lapide è quella della famosa pittrice cremonese Sofonisba Anguissola, trasferitasi a Palermo in seguito al matrimonio, nel 1571, con F. Moncada, fratello del Viceré di Sicilia. Morto il Moncada la pittrice fa ritorno a Cremona, ma durante il viaggio conosce un genovese, certo Orazio Lomellini, del quale si innamora e con lui fa ritorno a Palermo dove muore nel 1625.
Sofonisba, che poco prima di morire conobbe il grande Antoon Van Dyck, il quale pure la ritrasse, assieme ad Artemisia Gentileschi è considerata una delle pittrici più importanti della storia dell'arte italiana.
Nella lapide di Sofonisba, fatta realizzare nel 1632 dal Lomellini per il centenario della nascita, è incisa questa iscrizione che narra delle sue doti artistiche e umane: «Sophonisbae uxori ab anguissolae comitibus ducenti originem parentum nobilitate forma. Extraordinariisque naturae dotibus in illustre mundi mulieres relatae.
Ac in esprimendis hominum imaginibus adeo insigni. Ut parem aetatis suae neminem habuisse sit aestimata Horatius Lomellinus ingenti affectus maerore. Decus hoc extremum, etsi tantae mulieri exiguum. Mortalibus vero maximum dicavit 1632».
Un'altra importante lapide, è quella di Nicola Colombo, sembra parente dello scopritore delle Americhe.
La cripta che si trova sotto la chiesa o ossuario comune dei genovesi non ricchi, che si estende nella cripta sottostante e che custodisce le ossa della gente comune di origine genovese sepolta all'interno della chiesa, accanto ai notabili, perché tutti vengano ricordati.
La chiesa di San Giorgio dei genovesi, rimasta sconsacrata e chiusa per oltre trenta anni, è stata riaperta al culto soltanto nell’ottobre del 2002: oggi fa parte dei cinque monumenti religiosi del circuito “I tesori della Loggia”, assieme agli oratori di Santa Cita e San Domenico, la chiesa di San Mamilano e la chiesa di Santa Maria in Valverde.
Fonti di questo articolo:


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