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Le tre valli della Sicilia - Itinerari in Sicilia, vuoi visitarla ma non sai da dove iniziare?

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Durante la dominazione araba (827–1091) e poi sotto i Normanni e Svevi, la Sicilia fu suddivisa in tre grandi circoscrizioni amministrative, chiamate "valli" (dal termine arabo "wilāya", che significa “provincia” o “distretto”).  

Le tre valli erano:

1. Val di Noto (o Vallo di Noto)

Posizione: Sud-est dell’isola.
Città principali: Siracusa, Noto, Ragusa, Modica, Caltagirone.

Caratteristiche: Celebre per le città tardo-barocche ricostruite dopo il terremoto del 1693. È un'area ricca di bellezze naturali, arte barocca e tradizioni enogastronomiche.

2. Val Demone

Posizione: Nord-est della Sicilia.
Città principali: Messina, Taormina, parte di Catania, Enna.

Caratteristiche: La più "verde" delle valli, con paesaggi montani e vulcanici (incluso l’Etna), forte influenza greco-bizantina e normanna. Era l’area meno arabizzata della Sicilia.

3. Val di Mazara

Posizione: Parte occidentale e sud-occidentale dell’isola.
Città principali: Palermo (la capitale), Trapani, Mazara del Vallo, Agrigento.
Caratteristiche: Fortemente influenzata dalla cultura araba, è una zona ricca di storia, arte islamica e architettura arabo-normanna. Palermo, la città più importante della Sicilia, ne era il cuore pulsante.

Questa suddivisione fu mantenuta fino al periodo borbonico, quando furono introdotti nuovi modelli amministrativi, culminati poi con l’unificazione d’Italia (1861).
le "valli" non esistono più come entità amministrative, la loro memoria è ancora viva nella cultura siciliana, nella toponomastica, e nelle differenze culturali tra le diverse aree dell’isola.
Con la prammatica del 13 aprile 1583, la suddivisione amministrativa del territorio isolano fu riorganizzata: l'allora viceré di Sicilia, Marcantonio Colonna, decretò l'istituzione delle comarche[43]. Inizialmente quarantadue, divennero quarantaquattro, nel XVII secolo.

L'istituzione di tali nuove unità amministrative non comportò la soppressione dei valli, ma funzioni e finalità delle antiche circoscrizioni sono oggetto di dibattito. Secondo alcuni autori, l'introduzione delle comarche comportò una organizzazione del regno su due livelli amministrativi: il primo livello era rappresentato dai valli, il secondo livello era rappresentato dalle comarche[45]. Altri autori sostengono, invece, che le comarche fecero perdere qualsiasi valore amministrativo ai valli, i quali finirono per diventare pure espressioni geografiche.
Una eccezione a valli e comarche è rappresentata della Contea di Modica, un "vero stato nello stato". La Contea di Modica mantenne funzioni amministrative autonome fino al 1702; per di più, nei sette anni di dominazione sabauda, la Contea non fece parte dei domini di Casa Savoia, ma costituì, di fatto, una enclave spagnola nel territorio sabaudo.

Le quarantaquattro comarche ebbero per capoluoghi le odierne città di Acireale, Licata, Augusta, Calascibetta, Caltagirone, Carlentini, Enna, Castronovo di Sicilia, Castroreale, Catania, Cefalù, Corleone, Agrigento, Lentini, Linguaglossa, Marsala, Mazara del Vallo, Messina, Milazzo, Mineo, Mistretta, Erice, Palermo, Naro, Nicosia, Noto, Patti, Piazza Armerina, Polizzi Generosa, Barcellona Pozzo di Gotto, Rometta, Randazzo, Salemi, Agira, Santa Lucia del Mela, Sciacca, Siracusa, Sutera, Taormina, Termini Imerese, Tortorici, Troina, Trapani e Vizzini.

L'organizzazione del territorio in comarche restò in essere sino alla riforma amministrativa borbonica avviata con la Costituzione siciliana del 1812, che suddivise l'isola in distretti, e conclusa con le disposizioni normative del 1817, che raggrupparono i distretti in sette province.

La Costituzione siciliana del 1812 abolì l'antica suddivisione amministrativa della Sicilia nei tre valli e stabilì l'istituzione di 23 distretti, delimitati dallo studioso ed astronomo Giuseppe Piazzi il quale dispose che i limiti di ogni distretto corrispondessero ai limiti naturali come fiumi, monti e valli; che ogni distretto avesse un capitan d'armi con dodici uomini; che i luoghi più pericolosi e più esposti restassero nei confini dei distretti, situati in modo che facilmente un capitano potesse ricevere aiuto dal vicino; che i fiumi principali, impraticabili d'inverno, non separassero le parti del distretto; che le città più popolose e favorite dalle circostanze locali fossero capodistretti; che il cittadino non avesse da percorrere lunghi e desolati fondi feudali per giungere al capoluogo di distretto[53]. Le nuove disposizioni vennero fortemente avversate e criticate.

Le 23 città siciliane elevate a capoluogo di distretto furono: Alcamo, Bivona, Caltagirone, Caltanissetta, Castroreale, Catania, Cefalù, Corleone, Girgenti, Mazara, Messina, Mistretta, Modica, Nicosia, Noto, Palermo, Patti, Piazza, Sciacca, Siracusa, Termini, Terranova e Trapani.
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