Il Tarallo dolce di Racalmuto

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Il Tarallo dolce di Racalmuto

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Pubblicato in Street Food, Vino, Birra, Dolci · Giovedì 19 Ott 2023

Il Tarallo dolce di Racalmuto

Il Tarallo di Racalmuto, infatti, paese d’origine di Leonardo Sciascia, compare sia nei testi del grande scrittore, sia in antiche opere teatrali, che nei Racconti di Montalbano di Andrea Camilleri.
Sarà perché in questo piccola “Regalpetra”, in provincia di Agrigento, come del resto in tutta la Sicilia, la tradizione dolciaria è antica, quasi millenaria grazie agli arabi, anni a mescolare farina, mandorle, noci, uova e miele, ricotta, fuoco e passione.

E ora andiamo alla scoperta di questo tarallo, il Tarallo dolce di Racalmuto.
Ma prima di accompagnarvi al gustoso tarallo dolci, occorre per correttezza disquisire sull’origine del tarallo, esso ha una storia antica che ci riporta al 700. E’ presente a Napoli e in Puglia. Lo si consumava nelle osterie accompagnato da un bicchiere di vino, oggi sono uno snack appetitoso, perfetto per essere gustato ovunque fuori pasto, per stuzzicare l’appetito o accompagnare l’aperitivo, ma parliamo di ciambelline fragranti.
Agli inizi del 900 nell’agrigentino, nelle pasticcere di Racalmuto, venne creata una nuova varietà di tarallo che si differenzia dagli altri taralli perché dolce.
Se fatti a regola d’arte, i taralli siciliani quasi si sciolgono in bocca, diversamente se non frescho, si deve fare affidamento a un sorso di buon vino liquoroso siciliano. Non dimentichiamo l’espressione finì a tarallucci e vino si intende un lieto fine, un ritrovato accordo.
I Taralli di Racalmuto, sono dei biscotti molto morbidi, fatti di farina, uova, strutto e latte, che si differenziano dagli altri taralli dolci presenti in zona per il retrogusto al limone fresco di Racalmuto e il velo di glassa di zucchero sopra.
Come tutte le storie più belle, anche questa potrebbe non essere vera. L’unica certezza che abbiamo è che l’origine del Tarallo risale almeno a cento anni fa e che fu con l’avvento di Ernesto Dinaro da Napoli che l’arte dolciaria di Racalmuto, guadagnò in prelibatezza e piacevolezza.

In particolare, la leggenda sulla nascita del Tarallo è legata alla figura del Mago Taibi, autore di teatro social-popolare: è lui che nomina i taralli di Piuzzu Lo Bue, un noto pasticcere di Racalmuto, che creò questi nuovi dolci diversi dagli altri dell’agrigentino proprio per l’aroma al limone e la glassa di zucchero. Li si consumava solo in occasione della festa dei Morti. Pio Lo Bue non ha mai lasciato la ricetta originale in memoria a nessuno, ed oggi ogni pasticcere lo prepara con una sua propria ricetta.
È stato lo scrittore Salvatore Vullo a gettar luce sul legame di Sciascia con la cucina, in particolare nel libro di Terra e di Cibo. Vullo fece delle analisi molto approfondite sui testi del grande scrittore, andando alla ricerca di tutti gli elementi legati al cibo e all’agricoltura in Sicilia a metà del Novecento. In particolare, di Racalmuto Sciascia parla della zolfara e della vita degli zolfatari, che cercavano compensazione in cibi forti e piccanti come la carne di castrato o le stigghiole.
Ma Racalmuto è anche il paese dove si trova una delle più importanti miniere di salgemma della Sicilia, non solo zolfo, ed è sempre Sciascia a raccontarlo nei suoi libri, e probabilmente si tratta degli unici saggi sull’argomento, nei quali si raccontano le durissime condizioni di lavoro dei salinari, che si nutrivano solo con pane e cipolla o pane e sarde salate, come si legge nel capitolo I salinari del testo Le parrocchie di Regalpetra. E poi, il Tarallo di Racalmuto.
Anche il Commissario Montalbano ha mangiato (e molto gradito) i Taralli di Racalmuto, quando ne La prima indagine si sposta da Vigàta a Racalmuto proprio per gustare questi dolci: erano talmente buoni che se ne mangiò così tanti da provare vergogna, come scrive Camilleri.

“…Gli avivano ditto che dalle parti di Racalmuto c’era un ristorante quasi ammucchiato in una parte scògnita, ma indovi si mangiava seguendo le regole del Signuruzzu, e gli avivano macari spiegato come arrivarci… Si mise in macchina e partì. Da Vigàta a Racalmuto c’erano un tri quarti d’ora di strata.
Il commissario sciglì un tavolino vicino all’ingresso. Mentre si stava sbafanno il primo, cavatuna al suco di maiali condito con pecorino, dù òmini, ch’erano assittati poco distanti, pagarono, si susero e niscèro… Per secunno, mangiò sasizza alla brace. Ma quello che lo fece insallanire furono i biscotti del posto, semplici, leggerissimi e ricoperti di zucchero. I taralli. Sinni mangiò tanti da provare vrigogna”.
Gli è stato dedicato anche un Festival dedicato al tarallo di Racalmuto.

Ma Racalmuto è tappa della Magna Via Francigena. http://www.viefrancigenedisicilia.it/
Dalla Cattedrale di Palermo, porta i pellegrini attraverso la campagna provenienti da Milena, verso Grotte per poi raggiungere come meta finale, la cattedrale di Agrigento.

Per gli amanti dei motori c’è un fitto calendario degli eventi che annualmente attira a Racalmuto migliaia di visitatori presso l’autodromo valle dei templi https://autodromovalledeitempli.com/

Non possiamo dimenticare la strada statale 640, precedentemente chiamata “di Porto Empedocle”, è stata rinominata “Strada degli Scrittori” in onore dell’itinerario che ripercorre i luoghi vissuti e amati dagli scrittori siciliani e quelli descritti nei loro romanzi. https://www.stradadegliscrittori.com/


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