Mostarda di uva, la ricetta siciliana, o Mustata

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Mostarda di uva, la ricetta siciliana, o Mustata

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Mostarda di uva: ricetta siciliana

Mostarda di uva, la ricetta siciliana, o “Mustata” di uva, è una ricetta che è legata al tempo della vendemmia.
Il periodo di vendemmia varia tra luglio e ottobre ed in maniera generica si identifica con il periodo in cui le uve raggiungono il grado di maturazione desiderato, cioè quando nell'acino il rapporto tra la percentuale di zuccheri e quella degli acidi ha raggiunto il valore ottimale per il tipo di vino che si vuole produrre.
Il prodotto della ricetta della mostarda d’uva, si ottiene dal mosto d’uva, che si ricava dall’uva appena pigiata prima della fermentazione, ed il prodotto finale è simile ad una sorta di budino ma più consistente. Insieme al mosto del vino, appena pigiato, viene arricchito con noci o mandorle tritate o zuccata o canditi d’arancia, tanta cannella, senza aggiungere zucchero. Nella ricetta tradizionale siciliana della mostarda di uva: al posto dell’amido di mais per addensarle si usava la farina. In alcune ricette, la preparazione prevedeva che il mosto venisse bollito per più di mezz’ora con un ingrediente alquanto bizzarro: la cenere, un cucchiaino, messo in un fazzoletto, come ii the in bustina.  Attenzione all’uso della cenere.
La ricetta della mostarda di uva del sud, proviene dalla cucina povera contadina siciliana, così come i “cuddureddi” cotti nel mosto “o i “Lolli cotti nel mosto” tipici Modicani.
Il risultato è un dolce leggermente aspro ed aromatico, con un sapore veramente particolare.
A Pachino la ricetta della Mustata si tenta di farla diventare ufficialmente Prodotto Agroalimentare Tradizionale, riconosciuto dal Mnistero Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Preso atto che la mostarda al sud è realizzata con l’uva, nel resto d’Italia troviamo tante mostarde, stesso nome ma prodotti molto differenti tra loro, non resta che provare quella siciliana.
Se in Sicilia, la mostarda o Mustata di uva, rappresenta un dolce tipico siciliano, da consumare nel periodo invernale,  nel resto d’Italia è un prodotto culinario diffuso con usi diversi, ed è realizzata con diversi ingredienti a seconda della zona d'origine.
La prima menzione scritta della mostarda dolce, pare sia quella di Carpi e la si trova nell'opera letteraria La secchia rapita del Tassoni (1621), dove  nel descrivere i doni a un legato pontificio, menziona (XII, 38) «due cupelle di mostarda di Carpi isquisitissime».
La cosiddetta mostarda fina di Carpi, per esempio, viene preparata solamente con mosto e frutta, e quindi risulta dolce. Si tratta di conserve di uno o più tipi di frutta trattata, a seconda delle ricette, con zucchero o miele, mosto o senape distintamente.
La mostarda è una ricetta antica, che sembra affondare le radici nella storia, arrivando sino all'abitudine dei Romani di conservare la frutta nel mosto cotto. L'usanza di aggiungere al tutto un pizzico di senape per rendere piccante la preparazione pare invece risalire al Medioevo, o al Rinascimento, quando gli speziali dell'area lombarda diedero vita alla prima ricetta della mostarda senapata. Non a caso l'etimologia del nome fa riferimento proprio a questa sua caratteristica: mustum ardens, nel senso di mosto ardente, piccante. Eppure non tutte le tipologie di mostarda a oggi ancora diffuse in Italia sono piccanti.
Giunti a questo punto occorre dire che il termine "mostarda" è un equivoco, la confusione è data dalle dominazioni passate e da un'errata traduzione: in francese la senape si chiama "moutarde", l'unico motivo di confusione però: ad esempio a Cremona, Mantova e in alcune zone del Veneto la mostarda contiene tanti elementi piccanti e molta senape, ma è priva di mosto, mentre quella di Carpi, in Piemonte e in alcune zone del Centro sud hanno il mosto ma non la senape, mostarda di Cremona,la più celebre e diffusa, viene preparata con mele, pere, mandarini, fichi, cedro e ciliegie.
Fonti di questo articolo:


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