Il pesce spada nello stretto di Messina, la cardata da cruci e le braciole messinesi

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Il pesce spada nello stretto di Messina, la cardata da cruci e le braciole messinesi

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Pubblicato in Street Food, Vino, Birra, Dolci · Domenica 30 Giu 2024

Il pesce spada nello stretto di Messina, la cardata da cruci e le braciole messinesi

Il pesce spada nello stretto di Messina, la cardata da cruci e le braciole messinesi
A maggio l’ambita preda, nuota agile nello stretto, è in amore, lo attraversa nella sua migrazione verso Sud, seguendo la Costa nel tratto tra Villa San Giovanni e Scilla. Risale poi, da inizio luglio, passando invece davanti alla costa di Ganzirri, stiamo parlando del pescespada.
Si tramanda che furono i contadini i primi ad ammirare i salti d’amore della coppia di pesce spada, segnalandoli così ai pescatori, per ricevere una ricompensa di pesce, e veniva segnalato con fazzoletti a mo di bandiere.

Oggi questa attività, rimanendo pittoresca ha subito delle modifiche nelle imbarcazioni ed ha
oggi consentito di praticare e tramandare l’arte della pesce del pescespada, il tutto affiancandolo all’attività della pescaturismo, un valido supporto economico per un settore sempre più in difficoltà.

In un tempo trascorso, le barche per la pesca erano di due tipi.
La prima, veloce e maneggevole, era per la pesca diurna e veniva chiamata luntru.
Il luntro aveva un albero, detto farere, alto circa 3 metri che era posto al centro della barca e su cui saliva un avvistatore. Il resto dell'equipaggio era formato da 4 rematori, e un fiocinatore.
Nei corso del tempo ha subito diverse modifiche.

Il pesce era del primo che lo avvistava e la barca aveva e ha ancora il diritto di sconfinare nelle aree di posta altrui, fino alla cattura o all'inabissamento della preda.
Al grido di un ringraziamento a San Marco, il pescespada veniva fiocinato con un arpione, lo si lasciava scorrere liberamente fino a stancarlo, in modo da poterlo recuperare senza difficoltà con la sagola che era legata all'arpione.
Il secondo tipo di barca, la palamitara, era usata per la pesca notturna.
La pesca avveniva calando delle reti lunghe anche 1000 m che venivano chiamate palamitare, da cui il nome della barca. Per una tradizione, che per certi versi permane, la pesca avveniva in aree prestabilite, normalmente divisa in poste tra le sponde poste, a loro volta suddivise in aree più piccole.
Le palamitare venivano anche usate per la pesca di altri pesci.

Oggi nello stretto per la pesca del pescespada si usano barche a motore che hanno un traliccio alto 20-25 m, alla cui sommità si trovano avvistatori e timonieri,  e una passarella lunga fino a 45 m, alla cui estremità si colloca il fiocinatore.
Un rituale ormai svanito, era quello di accompagnare la pesca con cantilene.

Il più misterioso dei riti resta la cardata da cruci del pescespada

Il più misterioso dei riti resta la "cardata da cruci", che consisteva e consiste tuttora nell'incidere con le unghie la guancia destra del pescespada, in modo da lasciare un segno di croce multiplo.  Fra le varie ipotesi, sembra accreditata quella che fosse un segno di prosperità o di riconoscimento nei confronti del pesce per il suo nobile valore di combattente.
Ancora adesso, se si avvista una parigghia (un maschio e una femmina), la tradizione vuole che il primo pesce ad essere fiocinato sia la femmina, in modo che si possa fiocinare successivamente il maschio, in quanto questi resta nei paraggi nella ricerca della compagna.
Se per molto tempo non si riusciva a pescare pescespada, il rituale era quella della benedizione della barca da parte di un prete o nei casi più ostinati bisognava fare ricorso a formule magiche e pozioni le più disparate.

Un rito culinario è quello del pescespada cucinato ad involtini alla messinese

Un rito culinario è quello del pescespada cucinato ad involtini alla messinese, un piatto messinese che si identifica con la città le braciole di carne o quelle di pesce spada, o di spatola. Variava a seconda delle concessioni familiari, quelle economiche.

Attorno alla nascita della ricetta si ritrovano leggende e storie, o costruite attorno alle origini delle braciole alla messinese che per taluni sarebbero datate nel XVI secolo e attribuite agli spagnoli.
La denominazione di “braciole della Regina” perché la sovrana Giovanna di Spagna, si diceva ne fosse ghiotta.
Racconto più popolare era l’espediente delle massaie messinesi, per sfamare le famiglie e mettere comunque della carne o del pesce  sulla brace, inventando così le “Braciole Messinesi”, ripiene di pan grattato formaggio prezzemolo sugna. Era un espediente popolare per sfamare la famiglia, non si buttava via nulla, listarelle sottili di carne come di pesce e per chi poteva aggiungeva pomodorini e capperi, da servire calde, rigorosamente cotte sulla griglia.


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