La moglie “spirduta” dell’isola Ortigia, Palazzo Montalto e gli Ebrei a Siracusa

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La moglie “spirduta” dell’isola Ortigia, Palazzo Montalto e gli Ebrei a Siracusa

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Pubblicato in Città Paesi Borghi · Venerdì 24 Mar 2023
Tags: Laspirdutadell’isolaOrtigiaPalazzoMontaltoaSiracusagliEbreiaSiracusa

La moglie “spirduta” dell’isola Ortigia, Palazzo Montalto e gli Ebrei a Siracusa

Siamo a sud della Sicilia a Siracusa, con Ortigia posta lungo la costa orientale della Sicilia, lì dove sorge la parte più antica di Siracusa. Separata dalla terraferma per volere, nel 1552, di Carlo V.
Ci rechiamo nel cuore della città antica, la bellissima isoletta di Ortigia tra arte greca ed arte barocca, con numerose architetture di tipo religioso, edifici storici un Duomo da lasciare a bocca aperta il visitatore perchè la particolarità è che dalla parete sporgono immense colonne greche, appartenute al Tempio di Athena, il castello Maniace, i musei, la Fonte Aretusa, Palazzo Borgia del Casale, i Bagni Ebraici, nel quartiere della Giudecca, il teatro greco, la Chiesa di Santa Lucia alla Badia, un bellissimo edificio Barocco e molto altro da visitare.
Vicino piazza Archimede si trova un piccolo quartiere chiamato “a spirduta” ma non nel senso “sperduta” bensì in siciliano da “spirdu” cioè fantasma!

La storia della “’A spirduta”: angolo di Ortigia

Molte sono le vie del quartiere storico aretuseo, Ortigia, che prendono il nome dai “Personaggi insigni siracusani dell’Ottocento”,
Ci sono vie che ricordano ancora gli antichi mestieri medioevali: via del Tintori, via dei Candelai.
Questa volta vi racconto quello che ha dato il nome al quartiere, sempre nel cuore di Ortigia, chiamato “’A spirduta”.
Al sentirlo nominare così sembrerebbe trattarsi di una persona che si fosse perduta. Invece no, spirduta questa volta in siciliano significa “spiritata”, cioè diventata “spirdu”, fantasma!
Il quartiere è dove vi è il palazzo Montalto, quell’edificio dalle finestre trifore e bifore che in parte sporge su piazza Archimede.
Ma dal palazzo Montalto nessuno mai si è buttato. Il cadavere che nel cortile si vedeva, narra d'una mattina molto remota, vi fu trovato, impiccata una donna. Suicidio o omicidio, o meglio donnicidio.
Nessuno mai lo seppe. Fu lo stesso suo uomo che la stessa mattina volle andare alla caserma dei carabinieri:
Viniti!, Viniti!, Me’ mugghieri è appinnuta a ’na corda! - Penni da ’na finestra, a pinnuluni!
Era giorno di Santa Lucia
Giunse anche don Libboriu, che era infatti l’amante di donna Lucia e immaginò subito cosa le fosse accaduto.
La sera dei Vespri, infatti, egli era stato in casa di lei, che in cattedrale non vi era andata affatto e si era intrattenuta a letto con lui, sapendo che il marito era andato a pescare e sarebbe tornato solo nelle mattinate. Invece, siccome l’indomani era la festa di Santa Lucia e la fortuna aveva voluto che pesce ne avesse preso in abbondanza, era tornato a casa. Lei aveva sentito il rumore per la scala e aveva fatto fuggire in fretta l’amante, dalla porta segreta - in vecchi palazzi ce n’era sempre qualcuna ad uso in occorrenza- ma non così in fretta che compari Janu, con la coda dell’occhio non avesse visto un’ombra.
Nasce una lite familiare nella stanza c’erano alcuni attrezzi da pesca, Donna Lucia non ebbe più il tempo di fuggire dalla stanza, ché il marito, le passò come un lampo il cappio al collo, la trascinò dal letto al balcone, lega la corda al balcone, ritorna sulla sua barca, ripreso il largo senza che nessuno si fosse accorto di nulla
“’N colpu di pazzia fu, di fuddhania! Poviru cumpari Janu; nun la miritava ’sta disgrazzia!”
Ma non finì lì. Cumpari Janu a letto non sapeva dormire solo: era abituato a dormire con donna Lucia, senza mai essersi accorto che lei da qualche tempo, appena messasi a letto, si voltava dall’altra parte, dicendogli che si sentiva morire dal sonno e davvero si addormentava subito, che pareva una statua...
Cominciò, perciò a soffrire di insonnia, ad avere gli incubi. Appena chiudeva un po’ gli occhi li riapriva di soprassalto, saltava a sedersi nel letto tutto tremante, gridando: - ’A spirduta! ’A spirduta!
Si alzava dal letto, si vestiva in tutta fretta e usciva di casa, sempre cercando di sottrarsi alla terribile visione mentre, girovagando urlava ’A spirduta! ’A spirduta!, Vattinni!
Cadde e non si mosse più: un infarto lo aveva fulminato. Da allora quell’angolo di Ortigia venne chiamato con il nome con cui oggi tutti lo conosciamo. Ma lo spirito non l’ha visto mai nessuno.

Il palazzo Montalto è vicino a via dei Tintori, nella Spirduta, l'edificio è di stile gotico chiaramontano.

Gli ebrei nell'isola di Ortigia nel quartiere della Giudecca

Sino al 1312 gli ebrei furono liberi di risiedere dove volevano. L’istituzione dei ghetti fu voluta da Federico III. Da allora essi vissero nel quartiere denominato Giudecca, e in un sobborgo detto Spirduta. In effetti, colpisce l’estensione del quartiere ebraico, che da Castello Maniace giungeva sino in via Mirabella, dove si trova la chiesa di San Domenico, e la sontuosità di alcuni edifici, come il celebre palazzo Montalto, costruito da Mateu Merles, appartenente a una famiglia di mercanti sefarditi di Valenza.
Con la creazione del ghetto, il macello ebraico fu spostato al suo interno, in zona appartata, affinché non vi macellassero abusivamente anche i cristiani. I giudei consumavano carni di manzo, di montone o di pollo, ma la carne bovina era considerata immonda.
Il numero degli ebrei doveva essere circa un quarto dei cristiani.
I giudei erano un volano dell’economia cittadina. Essi erano abili artigiani e praticavano in particolare la tintoria, di cui avevano il monopolio sin da età sveva. Mercanti giudei siracusani esportavano merci in Sicilia, a Malta e un po’ ovunque nel Mediterraneo. Essi praticavano anche attività bancarie.
La sinagoga, con relativo miqwèh, si trovava nell’attuale chiesa di S. Giovanni Battista (detta anche San Giovannello) e fu trasformata in edificio di culto cristiano dopo l’espulsione degli ebrei nel 1492. Un recente studio ha dimostrato che la chiesa paleocristiana e medievale di San Giovanni Battista si trovava nel sito dell’attuale chiesa di San Filippo, nel quartiere della Giudecca.


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