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Le fiere, la pasta gli spaghetti e Trabia

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Le fiere, la pasta gli spaghetti e Trabia

Il blog di clicksicilia, curiosità per turisti
Pubblicato in Street Food, Vino, Birra, Dolci · Lunedì 02 Gen 2023 · Tempo di lettura 5:45
Tags: fierepastaspaghettiTrabiaoccasionid’incontrodomandaeoffertafestivitàreligioseproduttoriconsumatorimercanti

Le fiere, la pasta e Trabia

Quando parliamo di Trabia, non possiamo non menzionare le sue fiere, un vero e proprio punto di riferimento per chi ama la tradizione e il buon cibo.
Immaginate di passeggiare tra le bancarelle, circondati da un profumo di pasta fresca, formaggi locali e dolci tipici, mentre i produttori raccontano con orgoglio la storia dei loro prodotti.
Queste occasioni non sono solo un modo per fare affari, ma anche un momento di socializzazione dove ci si incontra, si scambiano idee e si celebra la cultura siciliana.
E chi può resistere a una bella porzione di pasta con il sugo di pomodoro fresco, magari preparata proprio con ingredienti acquistati lì? Insomma, le fiere a Trabia non sono solo un mercato, ma un'esperienza da vivere a tutto tondo.

Le fiere erano e sono le principali occasioni d’incontro fra domanda e offerta, esse avevano luogo una o più volte all’anno frequentemente in occasione di festività religiose e davano e danno modo a produttori, consumatori e mercanti di svolgere contrattazioni che riguardavano beni come il bestiame e manufatti come gli attrezzi agricoli e i tessuti, mentre alla compravendita di beni di uso corrente sono dedicati i normali mercati giornalieri e settimanali.
Si differenziano dalla sagra perché è la celebrazione religiosa in occasione della consacrazione di una chiesa, di un altare o di una immagine religiosa, come pure in forma estensiva una festa popolare, che si svolge in un paese per celebrare un avvenimento, e soprattutto un raccolto, un prodotto.

L’annona, con le città sempre più popolose, erano per l’epoca grandi centri di consumo e la prima preoccupazione delle autorità era quella di garantire un buon approvvigionamento alimentare, favorendo la concentrazione dei prodotti sul mercato urbano. Una particolare magistratura, detta “annona” (termine con cui in quest’epoca si indicavano anche i cereali e, più in generale, i viveri), aveva l’incarico di regolare tutte le attività che in vario modo avevano a che fare col cibo.
Il cibo dei poveri ed il cibo dei ricchi, il mercato della carne come quello del pesce era piuttosto vivace, ma i ceti popolari mangiavano soprattutto cereali e verdure. Oltre al pane di frumento o di segale, erano d’uso consumare zuppe e polente di altri cereali che variavano secondo la produzione locale.

Dal XII-XIII secolo anche la pasta a lunga conservazione (vermicelli, maccheroni) cominciò a comparire sul mercato di certe città, soprattutto in Sicilia e in Liguria, dove sorsero le prime manifatture di questo prodotto.
E’ a tutti chiaro che ben diversamente mangiavano i ceti più ricchi, che avevano come piatto base la carne e soprattutto la cacciagione, considerata, soprattutto dai nobili, un simbolo del loro stato sociale.
Stando alle liste di certi banchetti ufficiali, se ne faceva un consumo enorme: cervi, caprioli, fagiani, pernici si alternavano ad arrosti di bue, capretto, oche, a ogni genere di volatili e inoltre a molti pesci di acqua dolce, soprattutto trote, anguille, lamprede, storioni. La cucina era rappresentata da professionisti ed era opera dei Monzù, un appellativo dato anticamente ai cuochi professionisti in Sicilia erano invece detti Monsù.
Quello che compariva con abbondanza sulle tavole dei ricchi, non lo era per i più poveri che tra l’altro chi poteva, faceva uso di spezie e non per nascondere i sapori sgradevoli di carni che in qualche caso potevano essere avariate i potenti mangiavano solo carni freschissime.
Con la carne e il pesce si faceva largo uso di salse agrodolci fortemente speziate, a base di ingredienti acidi come il vino, l’aceto, gli agrumi (non si usavano invece grassi come l’olio o il burro, tipici delle salse moderne). Le spezie, provenienti dalle Indie (noce moscata, pepe, cannella, chiodi di garofano, zenzero, cumino, molti altri prodotti), insaporivano quasi tutti i cibi e le bevande.

In Sicilia nascono gli spaghetti

In Sicilia a Trabia nascono gli spaghetti, chi non poteva mangiava la pasta, basti pensare che presso l’abitato di Trabia, ricco di acque e mulini, con una bella pianura e vasti poderi, si fabbricava la pasta, in quantità tale da approvvigionare, i paesi limitrofi, e se ne spedivano consistenti carichi.
Che la pasta, gli spaghetti siano originari della Sicilia non è in discussione ed era meglio conosciuta come maccheroni, è assodato, che veniva prodotta una pietanza a base di farina a forma di fili chiamata "itriyah" (termine arabo).
Ancora oggi, sono famosi i cosiddetti vermicelli di Tria.
Ad attestarlo una testimonianza redatta dal geografo arabo, di stanza presso la corte di Ruggero II, Muhammad al-Idrisi, più conosciuto come Edrisi. Nell’opera “Kitab-Rugiar”, risalente al 1154, proprio lui fa infatti ad indicare il paese alle porte di Palermo.
Nel dialetto siciliano i capelli d’angelo, sono spaghetti estremamente sottili, sono indicati con il termine tria.
Soltanto nel 1824 si inizia a utilizzare il termine spaghetti, ad opera di Antonio Viviani, il quale ne “Li maccheroni di Napoli” fa apparire una serie di illustrazioni in cui sono descritte le varie fasi della lavorazione. Come si può dedurre  dall’opera in questione, si preferiva utilizzare la parola “maccheroni”, espressione letteraria poi trasposta sul versante culinario al fine di indicare paste fresche come gli gnocchi, e tubetti di farina di grano duro essiccata.
Tuttavia, all'origine la pasta veniva indicata con il termine macaronis, dal greco classico macar cioè felice, beato, la pasta altro non era che cibo per i beati.
Nel '500, in Italia la pasta non era molto apprezzata. Eppure furono i siciliani a detenere il primato di consumatori di maccheroni, tanto da guadagnarsi il soprannome di "mangiamaccheroni".
Mangiata con le mani e poi con la forchetta, prodotta fresca e poi essiccata, la pasta ha assunto oggi diverse forme in base al territorio in cui viene cucinata. Un piatto ormai radicato nella tradizione culinaria italiana, soprattutto quando si parla della pasta e pomodoro.
Dopo l'Italia, sempre dal '500 in poi, la pasta oltrepassa i confini per conquistare altri paesi del mondo. Come ad esempio la Francia, l’Inghilterra e da lì l’America, ed a farla conoscere, la pasta, furono proprio gli emigranti italiani.
Nel Seicento, si diffuse nel Regno di Napoli come piatto principale, in un periodo in cui la scarsità di carne e pane provocavano vera e propria carestia.
Oltre alle innumerevoli tipologie di pasta, la cucina siciliana merita una menzione speciale per i condimenti, ricercati e vari, principalmente a base e formaggio di pesce e verdure.


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