Le presunte streghe o majare in Sicilia e le donne di fora

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Le presunte streghe o majare in Sicilia e le donne di fora

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Pubblicato in Cultura e Società · Mercoledì 10 Apr 2024
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Le presunte streghe o majare in Sicilia e le donne di fora

Le presunte streghe in Sicilia erano quasi sempre di estrazione sociale popolare, andavano in giro in abbigliamento folcloristico e si presentavano ai committenti corredate di amuleti, pozioni, ampolle con liquidi e talismani vari.

Le nenie rituali parlavano una lingua strana e incomprensibile, perché spesso mescolavano termini di provenienza diversa: ebraici, spagnoli e latini che si univano a vocalizzi sortire l'effetto desiderato, impressionando gli astanti.

Le Majare venivano cercate per filtri d’amore, veleni, cure mediche, spesso per uso abortivo, nonché per infliggere malefici.
Ovviamente l’Inquisizione trovava terreno fertile, considerando tali pratiche demoniache e quindi perseguibili con le peggiori torture e esecuzioni, specie sotto il regno di Carlo V che fu durissimo nella repressione.

A tal proposito citiamo la storia di Pellegrina Vitello sembra che sia stata questa una delle fonti che ispirarono Leonardo Sciascia per i suoi due famosi romanzi: Morte dell’Inquisitore e La Strega e il Capitano.
Pellegrina Vitello si mise a praticare la magarìa, quindi di essere una Majara e di avere preparato sortilegi e fatture, invocato il maligno con altri demoni in condizioni di trance, di essere una veggente in grado di predire il futuro o venire a conoscenza di eventi non ancora accaduti, utilizzare altarini, amuleti e oggetti veicolo di poteri magici, a causa dell'abbandono del consorte.

Sant'Agata a Palermo ed a Catania tissia la tila

A Palermo esisteva il detto Limpia di Sant’Agati, ca lu jornu tissìa e la notti scusìa; a Catania lo stesso detto diventava Tila di Sant’Àita, ca non si finìu mai.
Entrambi i detti facevano riferimento a una leggenda che voleva la giovane Agata tessitrice, e di lei innamorato Quinziano, proconsole di Catania, che in tutti i modi cercò di convincerla ad abbandonare la Fede in Cristo  che la chiese in sposa al padre, ma la ragazza aveva fatto il voto di dedicarsi a Dio soltanto e per non dispiacere il consenso paterno chiese che le nozze avvenissero solo dopo che avesse finito di tessere la tela già iniziata. Il padre acconsentì, ma la bella ragazza il giorno tesseva e la notte disfaceva, da lì il matrimonio non si fece e la condusse fino al martirio.
Agata sa anche colpire quelle ricamatrici o tessitrici che nel suo giorno lavorano. Guai infatti a toccare il telaio durante la festa della martire! Ella che, secondo la leggenda, fu una bravissima “cariera”(tessitrice) ne avrebbe a male.
Ricordiamo anche una storia, quando Federico II aveva deciso di radere al suolo Catania e ucciderne gli abitanti. Durante l’ultima messa in Cattedrale apparve miracolosamente su ogni pagina del suo breviario l’acronimo “N.O.P.A.Q.U.I.E” che sta per “Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est” Non offendere la Patria di Agata perché è vendicatrice di ogni offesa, turbato non se ne fece nulla.

Le tessitrici majare

Si sa dove c’è religione, alberga anche superstizione. Così ad attrezzi del mestiere delle tessitrici si attribuivano poteri spesso malefici, il fuso, l’aspro e l’arcolaio erano i più consueti arnesi maledetti fuori dall’ambiente di lavoro. Per esempio, se il fuso si trovava nella stanza di una partoriente, questo ne bloccare il parto, perché si sapeva e un proverbio avvertiva: lu fusu, malu mirusu (Il fuso mirava al male). Allo stesso tempo il fuso è utile contro la sfortuna, e lo troviamo addirittura senza fine in una leggenda che vuole che a custodire un grande tesoro ci sia una vecchia donna che fila di continuo e si può accedere alla ricchezza solo togliendo alla donna il fuso.

L’aspro invece è utile come amuleto contro streghe e malefici, che posto nella stanza del parto non permette a spiriti maligni di nuocere contro il neonato. L’arcolaio per il suo modo di girare è simbolo del volo a spirale delle streghe, e nell’antichità si attribuivano poteri malefici alle donne di Calatafimi tanto da offenderle in tutta la Sicilia con il detto Calatafimara, animulara (Le animulari, erano donne capace di volare di notte a vortice come fa l’arcolaio che in siciliano si chiama anùnulu).

Le storie di stregoneria nascevano perchè una donna povera, nei paesi e nelle campagne siciliane, diventava facilmente anche prostituta.
Contro loro se non cedevano, deponevano testimoni che la accusano di aver fatto malefici per far star male alcuni vicini, ma anche semplicemente di averli guariti. La donna riesce così per qualche tempo, a fuggire e a nascondersi, ma alla fine viene ritrovata ed il procuratore, nella sua arringa finale, chiede per lei la condanna "alle costrizioni e ai tormenti" ed alle pene previste dai sacri canoni.

Le donne di Fuora o belle signore

Le donne di Fuora non vanno confuse con le maliarde e le streghe, poichè secondo alcuni nel loro corpo non alberga un particolare spirito.
Le donne di fuora vengono chiamate anche "belle signore".
Secondo la credenza, queste signore escono di casa la notte, non col corpo e lo spirito, ma solamente con lo spirito. Vanno a trovare gli spiriti degli inferi, le anime vaganti, per averne consigli, risposte e domande di cose future.


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