Tra cantastorie, cuntastorie e pupari siciliani

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Tra cantastorie, cuntastorie e pupari siciliani

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Tra cantastorie, cuntastorie e pupari siciliani

Il cantastorie, cuntastorie e pupari, nella tradizionale figura, eta un intrattenitore ambulante, che si spostava di città in città e di piazza in piazza raccontando una favola, una storia, un fatto, con l’aiuto del canto e spesso di un cartellone in cui sono raffigurate le scene salienti del racconto. Si posizionavano nelle piazze dei paesi e cantavano o raccontavano le loro storie, antiche o attuali, vere o immaginarie, o composte per l’occorrenza.
Incursioni di pirati, miracoli di santi e vite esemplari di devoti, tra vittorie lacrime, sconfitte, molte sono state le storie oggetto di interesse di tanti cantastorie e poeti popolari siciliani Ogni occasione era buona per i cantastorie per comporre, adattare vecchi canti o cunti.

I cantastorie hanno rappresentato l’unico tramite culturale tra il popolo analfabeta e il mondo epico e poetico, così cari alla fantasia popolare. I cantastorie si aiutavano con un cartellone in cui veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. Pubblico del cantastorie era la gente semplice, passionale, istintiva per la quale onore, giustizia, religione, famiglia non erano semplici parole, ma chiavi di vita. I cantastorie si facevano interpreti del “sentire” del popolo attraverso un linguaggio semplice, rimato, musicato, ma al contempo chiaro e penetrante.

C’ è stato un tempo in cui i cantastorie riuscirono ad avere un pubblico vastissimo, erano infatti numerosi, i sentimenti che muovevano gli spettatori ad assistere per ore ed ore alle recite.

La Poesia e la Letteratura Orale
Questo tipo di comunicazione affonda le proprie radici nella più lontana tradizione Europea di letteratura orale, ed ha costituito per secoli il maggiore veicolo di diffusione della letteratura. Nasce con lo scopo di ricordare e raccontare alle genti: fatti, vicende, avvenimenti importanti, la storia di un popolo, riportando il tutto a memoria.

Dopo che la trattazione orale venne trasformata in scritti, con l'avvento della stampa, i primi a portare in giro queste narrazioni furono i Rapsodi e i Rapsodisti recitatori di canti e gesti popolari ispirati dai grandi fatti della storia, dei veri o presunti cristallizzatori, cioè, coloro che imparavano a memoria questi scritti e li riportavano alla lettera, senza intaccarli.

Poi fu la volta dei Menestrelli e dei Trovatori e infine dei Cuntastorie e dei Cantastorie, che spaziarono e a volte trasformarono le storie e gli scritti, dando vita a ballate, canzoni e racconti epici.

Dopo che la stampa ebbe il sopravvento i Cantastorie abbandonarono questo tipo di repertorio lasciandolo in eredità ai Cuntastorie ed all’Opera dei Pupi, diffondendo fatti e notizie, e stampando o dipingendo teli che rappresentavano che, come sopra citato, vendevano al pubblico che li ascoltava.

Uno dei cantastorie più autorevoli nella storia della letteratura italiana fu Giulio Cesare Croce, autore della versione italiana delle storie di “Bertoldo e Bertoldino”.

Questi poeti cantori caratterizzarono diversi generi letterari : dalla Chanson de Geste in Francia, al Romancero in Spagna con i Cantares de Gesta, cantavano e raccontavano, elevando a mito storie tratte dal quotidiano.

In Italia è intorno al XIV secolo che la figura del Cantastorie, insieme a quella dei Cuntastorie, assume caratteristiche proprie, diversificandosi dalla "letteratura dotta"; infatti, grazie all’influenza della letteratura epica francese, particolarmente al Sud, le gesta dei leggendari eroi del ciclo de la chanson de geste diventano fonte di ispirazione, e i nomi di Carlo Magno, Orlando, Angelica, Rinaldo etc., entrano a far parte del mondo popolare.

Tra i più moderni e famosi e d’obbligo citare i trovatori provenzali, i giullari di scuola siciliana come Cielo D’Alcamo e Jacopo da Lentini (da molti ritenuto l'inventore del "sonetto", Dante Alighieri gli attribuì il titolo di Caposcuola della lirica siciliana, poiché nei sui componimenti erano presenti tutti gli stili letterari fini ad allora usati: il sonetto, la canzone e la canzonetta), per arrivare all’epica colta di Andrea Barberino, Ludovico Ariosto e TorquatoTasso, a quella popolaresca dei romanzi d’appendice dei Rinaldi Napoletani, ai Cuntastorie Palermitani dei quali Mimmo Cuticchio è oggi l’ultimo rappresentante.

I Cantastorie Orbi e Cuntastorie

Palermo è stata la culla di un’ altra figura tradizionale oggi completamente scomparsa il Cantastorie Orbu, nata intorno alla metà del 1500, anno in cui la Chiesa e precisamente i Gesuiti si interessarono a loro notando che la loro comunicativa molto vicina alla gente poteva servire come mezzo per diffondere storie sacre e liturgie e avvicinare così il popolo a Dio.

Da questo momento in poi, i Cantastorie Orbi e i Cuntastorie forti della protezione della Chiesa iniziarono a proliferare portando tra il popolo nuvene, trionfi e cunti, operando in nome di una verità religiosa nella quale i Santi e le Sacre scritture erano raccontati.

Queste storie raccontate dai Cantastorie Orbi e Cuntastorie costituisce un sapere mitico dove a trionfare erano sempre il bene, i valori cavallereschi dei paladini, della giustizia, della croce e della spada.
Ed è forse proprio questo rigido legame ai temi, ai simboli e agli stili del passato che  non ha permesso a Orbi e Cuntastorie di esplorare nuovi spazi poetici, musicali e comunicativi, come quelli che invece i cantastorie mostrano di sperimentare quotidianamente ancora oggi.

I cuntastorie non utilizzavano alcuno strumento musicale ma modulavano la voce con una tecnica tutta particolare, che veniva tramandata di generazione in generazione, un racconto orale con regole precise di tempo, ritmo ed esposizione.

Questi “menestrelli cuntisti” giravano le città in lungo e in largo spostandosi come potevano e usando qualsiasi mezzo, non importava se erano analfabeti o ignoranti, la loro capacità era quella di apprendere e comunicare al popolo.

Ci fa sapere Consolo, scrittore siciliano, che il cunto si è salvato per il suo ruolo sociale di memoria, per l’antica funzione epica della parola, è la capacità di rendere con la voce e teatralizzare una della componenti della parola, contraddistinguendosi da tutto il resto, tanto è vero che poi il teatro dei pupi siciliani nella seconda metà dell’Ottocento, volendo mantenere la valenza epica si è specializzato in questa direzione, ereditando tutto il patrimonio dei cuntastorie e non dei cantastorie, infatti sia il cuntastorie che il teatro dei pupi trattavano in effetti lo stesso repertorio classico, anche se naturalmente, quest’ultimo è subentrato in un secondo tempo.

Qualche volta il cuntastorie era una sorta di puparo mancato, a cui solo le limitate possibilità finanziarie impedivano di allestire il teatro dei pupi. Si trattava quasi sempre di povera gente, che viveva alla giornata, e che non poteva permettersi assolutamente di acquistare tutti gli attrezzi del mestiere per diventare puparo, così si affidava all’arte della parola, imparava tutte le regole della narrazione e negli anni diventava cuntista.

Puparo, Cuntastorie e Cantastorie

A questo punto occorre chiarire e fare un distinguo tra: Puparo, Cuntastorie e Cantastorie.

Mentre i primi due trattavano lo stesso repertorio epico e cavalleresco, il Cantastorie si basava su fatti di cronaca e di attualità, adoperando la maestria dei cuntastorie e una mimica particolare usata soprattutto nelle parti tragiche, gridando, lamentandosi e delle volte anche piangendo. La sua prosa e un canto in versi accompagnato dal suono di uno strumento musicale per lo più una chitarra o una fisarmonica.
Esso in qualche modo aveva la funzione di far conoscere storie e fatti, con una valenza teatrale, anche se, le storie talvolta venivano travisate e manipolate per adattarle allo scopo.
La forza dei cantastorie si basava soprattutto nel fascino del dramma nella narrazione di una storia, raccontare un episodio, un fatto che sia carico di simbologia, perché prende valenza diversa da altri eventi, e diventa suscettibile di drammatizzazione e quindi di interesse per il pubblico.

Cantastorie Siciliani

I cantastorie siciliani in egual modo come i loro colleghi, giravano la Sicilia in lungo e in largo, li si notava soprattutto nelle grandi festività, nelle fiere, nei momenti di raccolta del grano o in altre occasioni come queste, quando la gente era più disponibile e poteva contribuire economicamente alla loro sussistenza.  Intorno alla fine dell'ottocento non vi era angolo della Sicilia che questi non avesse raggiunto.

Esiste una particolarità siciliana nel quadro nazionale, si tratta di una specifica tradizione etno-musicale per la presenza di alcuni grossi caposcuola, che si sono posti come modelli di riferimento, creando delle forme emulative, del cantastorie siciliano.

I cantastorie siciliani tramandano la vecchia cultura Siciliana che vede nel bandito l’eroe popolare, nel delitto d’onore un gesto eroico, nel traditore ed infame l’essere reietto da odiare, una vecchia cultura popolare fortunatamente scomparsa con il cambiamento e la crescita culturale della società, ma che in egual modo ha portato via quell’aspetto "poetico-passionale" proprio della Sicilianità.
Alcune di queste storie erano delle vere e proprie telenovelas diremmo oggi, poiché i cantastorie con la loro maestria, aggiungevano modificabano parti o manipolando fatti della storia per allungarla, creavano delle vere e proprie puntate, dando appuntamento ad altri giorni alla gente che li ascoltava, che puntualmente al loro ritorno era li presente che li aspettava.

Due le donne nel panorama artistico siciliano, Rosa Balistreri e Rosina Caliò.

Congressi e Raduni dei Cantastorie
Il Primo Congresso Nazionale dei Cantastorie si svolge a Bologna nel 1954 nel cortile interno della Trattoria Profeti.
Nel 1957 a Gonzaga (una cittadina in provincia di Mantova), venne realizzato il primo concorso nazionale dei cantastorie il “Premio Trovatore d’Italia” che consisteva nella consegna di una torre d’oro al primo classificato, che poi (dopo due anni) cambiò con la classica coppa le medaglie e i diplomi.
Questo primo concorso fù vinto da Ciccio Busacca, con ” la storia di Salvatore Giulianu”, mentre l’anno successivo l'ambito premio fù vinto da Vito Santangelo con "la Matri assassina" (scritta da lui stesso), che si riconfermò vincitore anche nel 1964 con la “la Disfida di Roma” dove recitò insieme a Ignazio Buttitta (In questa occasione fu realizzato un documentario da Ugo Gregoretti che fu divulgato attraverso la televisione dell’epoca), altre due edizioni furono vinte da Franco Trincale e da Ciccio Busacca.
I Pittori dei Cartelloni
I più importanti pittori che hanno realizzato molti dei cartelloni dei cantastorie, che si differiscono tra loro per le dimensioni e la tecnica pittorica, sono stati: Vincenzo Astuto e Francesco Esposito di Messina, e Vincenzo Signorelli di Catania.

http://www.irsap-agrigentum.it/
http://www.matildepoliti.com/

https://www.facebook.com/donnacantastorie/

https://cantastoriebusacca.it/cantastorie.html

http://www.luigidipino.com/
http://www.quellodelcantastorie.it/home.html
http://www.mancusopupi.it/
http://www.carrettisicilianicurcio.it/



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