I coltelli siciliani, il duello con il coltello ed i codici cavallereschi

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I coltelli siciliani, il duello con il coltello ed i codici cavallereschi

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Pubblicato in Cultura e Società · Mercoledì 05 Feb 2025 ·  6:45
Tags: coltellisicilianiduellocodicicavallereschitradizioneculturacuriositàleggendestoriaSicilia

Coltelli Siciliani: Tra Duelli e Storie di Cavalieri

Le modalità di duello con il coltello sono diffusissime, i codici cavallereschi travisati perché, in molte associazioni criminali, un senso distorto dell’onore è molto presente e gli si vuole attribuire importanza, neanche fossero cavalieri.

L’arma principale con cui avvengono questi duelli è il coltello.
Ci si scontrava armati solo di giacca avvolta al braccio sinistro, con i due bracci sinistri legati assieme, con colpi proibiti vietati.

Poi nel meridione i duelli con il rasoio o con il pettine d’osso affilato, erano riservati solo ai nemici più illustri, perché trattasi di oggetti strettamente personali, il detto era che con il coltello si castrano i capretti.

Nel duello all’arma bianca possiamo identificare quello al primo sangue, al secondo, quando la prima ferita che sia potenzialmente invalidante o che comprometta l’esito dello scontro e a oltranza o all’ultimo sangue.

Lo sfidante preparava un verbale contenente i fatti che avevano fatto scaturire la controversia e lo mostrava ai suoi padrini e preparava una versione ridotta, denominata cartello di sfida, da far recapitare allo sfidato.

Ogni contendente sceglieva i suoi padrini che, assieme a quelli dell’avversario, si sarebbero accordati per una possibile risoluzione amichevole o sulle modalità dello scontro.

Solo una sentenza recentissima della Corte Suprema si è occupata del duello, pubblicando che:
«Non può essere equiparato a un duello una colluttazione senza armi, svincolata da qualsiasi regola, condotta senza esclusione di colpi e in modo selvaggio e bestiale. Infatti, i reati cosiddetti di duello presuppongono l’osservanza delle consuetudini cavalleresche e, pertanto, perché uno scontro tra due persone possa considerarsi duello, deve svolgersi a condizioni prestabilite, secondo le regole cavalleresche, mediante l’uso di armi determinate (spada, sciabola o pistola), alla presenza di più persone (padrini o secondi), per una riparazione d’onore.»
Cassazione Penale, V sezione, 24 aprile 1987.

Nell’Italia di fine secolo XIX fece molto scalpore la morte, a 56 anni, del deputato dell’estrema sinistra Felice Cavallotti dopo essere stato ferito gravemente in duello dal giornalista conservatore Ferruccio Macola. Ma occorre ricordare che il Codice Penale del Regno d’Italia, promulgato con Regio decreto legge n. 1398 del 19 ottobre 1930, puniva i duellanti e i portatori di sfida con pene ridicole.

Precedentemente con l’unità d’Italia, e siamo nel 1875 viene approvata una legge contro il duello che rimase in vigore, con pochi mutamenti, per più di cinquant’anni.

Si parla di gente che, priva di cultura, generalmente povera, rifugiati dell’alcol per sfuggire alla realtà di una vita precaria e senza speranze, considerava il coltello come lo strumento di affermazione della propria rispettabilità.

Dall'Iliade di Omero fino ai duelli ottocenteschi, il duello è stata una forma di combattimento intesa a fare giustizia fra persone dello stesso ceto sociale e armati nello stesso modo.

L'obiettivo del duello non è mai la brutalità quanto la soddisfazione, ovvero la dimostrazione reale di voler mettere in gioco la propria vita in nome della propria rispettabilità.

Il duello si è quasi sempre contrapposto al concetto di legge dello Stato moderno, solo nel 1999, il duello è stato depenalizzato in Italia, nel momento in cui non comporti lesioni personali ai duellanti.

Dispositivo dell'art. 395 Codice Penale
Articolo abrogato dall'art. 18, comma 1, L. 25 giugno 1999, n. 205.
I portatori della sfida sono puniti con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila; ma la pena è diminuita se il duello non avviene.

La Ratio Legis, il legislatore ha inteso abrogare i delitti cavallereschi disciplinati dagli artt. 394-401, ormai anacronistici, in quanto fondati su costumi ormai desueti.

Ma parliamo dei coltelli siciliani

Il Coltello dell’amore siciliano, ha manico realizzato con pregiato corno di bufalo, la lama porta incise da un lato un serpente che punge un cuore e sul lato opposto due cuori incatenati, il sistema di chiusura è a scrocco.

*Prodotto Artigianale: le immagini illustrative potrebbero non rispecchiare colorazioni, venature e caratteristiche dei materiali naturali.
Un pegno d'amore d'altri tempi
In alcune zone dell'Italia centrale e meridionale era diffusa l'usanza di regalare coltelli come dono di fidanzamento o matrimonio, assegnando al coltello il compito di sancire il legame d'amore. Vi era una forte identificazione tra uomo e coltello: l'innamorato che faceva alla donna un simile dono offriva simbolicamente se stesso, mentre il dono fatto all'uomo poteva essere interpretato come un'esortazione al valore virile. Alcuni esemplari di questo coltello storico costituivano anche una protezione contro il malocchio presentando i caratteristici “occhi di dado” sul manico, mentre le lame erano tradizionalmente incise con elementi decorativi e simbolici. I coltelli dell'amore erano inoltre indicativi del ceto sociale della famiglia: le coppie di sposi meno abbienti, non potendo permettersi coltelli molto elaborati, sancivano il loro amore con oggetti più semplici, meno lavorati e meno costosi, ma comunque identici nei valori e nei significati.

U cozzu du monacu e u scannaturi
Due coltelli per due usi totalmente opposti: l’uno a punta tonda, come la testa rasata di un monaco, l’altro a punta acutissima ed affilato quanto un rasoio.
Che nei secoli scorsi fosse naturale, specie nelle classi meno abbienti, risolvere in modo sbrigativo i contrasti personali sfoderando il coltello è risaputo ed ampiamente documentato dai moltissimi reperti conservati nei musei criminali.

Abilissimi coltellinai lavoravano sulle forme delle lame e sulla loro misura e assottigliavano i manici per aumentare la penetrazione, assolutamente nel rispetto delle leggi vigenti.

Il coltello “cu lu ramu”, anch’esso di origine siciliana. Invano si dettavano norme sulla lunghezza delle lame, si vietava di montare la molla fissa, si pretendeva che il coltello non avesse la punta acuminata, i severi editti napoleonici vietavano la lama a punta e più tardi la legge Giolitti imponeva la lama non appuntita oltre una certa lunghezza.

La mozzetta, il rasolino, la guspinesa, e tanti altri a lama tronca: addirittura alcuni portavano inciso sulla lama la dizione “Permesso dalla Legge”.
E’ proprio solo la forma della lama a dare il nome al coltello, realizzato in quasi tutte le parti della Sicilia, senza una specifica codifica del manico. Infatti se ne trovano sia a forma di “stivale”, che a forme più svariate, secondo il gusto del fabbricante.

Se si considerano i vari modelli della tradizione siciliana, lunghi,affilati, come i “Caltagirone”, i “Salitano”, le “Cuteddine”, in cui si risente fortemente l’influsso delle grandi e terribili“navaje” spagnole,

Di ben altro aspetto, e certo per usi meno pacifici, lo scannatore, conosciuto ed apprezzato in Sicilia col nome di “Scannabecchi” o anche “Scannacapri”, veniva fabbricato anche in misure decisamente notevoli, tradendo, così, la sua vocazione d’origine sicuramente agreste, particolarmente curati nell’aspetto del manico.
Contrariamente a quanto visto per il modello precedente la forma del manico e della lama sono ben codificate.

Il leccasapone in siciliano "liccasapuni" letteralmente "lecca sapone", è un antico e tipico coltello siciliano e, più precisamente, palermitano.
L'uso che veniva fatto di questo tipo di coltelli era, per l'appunto, quello di tagliare i saponi che, anticamente, si vendevano a peso.
Data la grande dimensione della lama (dai 18 cm in su di lunghezza), la sua alta penetrabilità e la sua forma affusolata, e entrato nell'immaginario popolare siciliano come una sorta di "coltello dei banditi", c'erano anche gli esperti della frullata.

Il rasolino è un tipo di mozzetta della tradizione siciliana di metà ottocento chiamato così per via della somiglianza della lama con quella di un rasoio.

Un altra volta parleremo dei numerosissimi esempi di duello rusticano codificato:
paranza, pizzica, taranta, sfarziglia, zumpata, e molti altri meno conosciuti.

Oltre ai coltelli coltelli da duello, del tutto particolari ci sono le scuole di scherma corta attive e presenti sul territorio, ma riservate alla famiglia.


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