Timballo di riso al forno o sartù di riso
Pubblicato in Street Food, Vino, Birra, Dolci · Sabato 04 Gen 2025 · 3:45
Tags: timballo, di, riso, sartù, di, riso, cucina, partenopea, storia, del, cibo, Ferdinando, I, di, Borbone, riso, al, forno, piatti, tipici, gastronomia, italiana, ganeffe, riso
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Timballo di riso al forno o sartù di riso
Sartù, timballo partenopeo con "sorpresa", la deliziosa ricetta napoletana nacque per mascherare il sapore del riso a corte, nel XVIII secolo, ai tempi del regno di Ferdinando I di Borbone, la corte partenopea non amava consumare riso. Considerato un cibo povero e poco saporito, non a caso veniva definito “sciacquapanza”.
Il sartù deriva probabilmente dalla necessità di adattare questa pietanza al gusto di corte. I monsù, i cuochi francesi di corte, crearono nel Settecento questo piatto, arricchendo il riso con numerosi ingredienti e mascherandone il sapore con la salsa di pomodoro]. Il nome stesso del piatto verrebbe dal francese surtout, il centrotavola che era in uso nel Settecento e che poteva anche essere usato per portare in tavola il sartù, cucinato come un timballo.
Il timballo del gattopardo, cui parla il libro di Tomasi di Lampedusa, quello della cena, «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra». Il romanzo è del 1963, il “Timballo di maccheroni“, “Timballo dei Monsù“, passato alla storia come “Timballo del Gattopardo“, che Giuseppe Tomasi di Lampedusa descrisse così: “L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.”
Mettiamo in chiaro che il sartù di riso è un piatto tipico della cucina napoletana. ll riso, prodotto diffuso nel Regno di Napoli dagli Aragonesi, non riscontrò successo nel Meridione, tranne in Sicilia, dove era stato introdotto durante la dominazione araba. Gli Arabi solevano mangiare delle polpette di carne tritata, mescolata con riso ed altre erbe tra cui lo zafferano, che anch'essi avevano introdotto in Sicilia. Con la coltivazione del riso, così come quella dello zafferano, che furono introdotte in Sicilia dagli Arabi, nel IX secolo d.C. con questi ingredienti nacquero gli arancini, che col tempo divennero il più famoso cibo di strada dell’isola.
In Sicilia chiamiamo il sartù di riso, con timballo di riso al forno, ne esiste una versione estiva (con le melanzane e la salsa di pomodoro semplice) e una invernale (con il ragù). In comune ci sono sempre provola, piselli, uova sode e tanto formaggio grattugiato.
E’ ricco come il Timballo di anelletti alla Palermitana, mentre nel timballo di riso o sartù, è che nel primo si usa la pasta, nel secondo il riso.
I siciliani, seppure i primi in Europa a conoscere il riso, non sono mai stati entusiasti di questo cibo come pietanza, ed hanno coniato un proverbio "risu: quantu mi jsu cioè sono pronto ad alzarmi, appena ci si alza da tavola è già digerito. Era ritenuto un alimento scarsamente nutritivo. Ciò non toglie che venisse utilizzato in molte ricette tradizionali, soprattutto nella cucina arabo - sicula, come componente principale dei piatti unici che costituivano un intero pasto.
Ora nel risotto agli agrumi, nei famosi Arancini, nelle Crispelle di riso catanesi, la ricetta per la Festa del papà, le crispelle di riso vengono preparate in occasione del giorno di San Giuseppe. Ma l'effettiva nascita delle crispelle catanesi, chiamate anche zeppole di riso, si fa risalire al XVI secolo per opera delle monache benedettine del monastero di Catania.
Avrete sentito anche parlare delle “ganeffe”, una semplice minestra di riso in brodo può diventare una pietanza golosissima, perfetta per ritemprare il corpo e lo spirito nelle serate d’inverno. Come le ganeffe, piccole polpette di riso allo zafferano che vengono fritte in olio di oliva e servite fumanti nel brodo di carne, con un’abbondante spolverata di pecorino. Conosciute come i badduzzi di risu cu brodu (palline di riso col brodo), tipiche delle province di Enna e Caltanissetta, dove vengono preparate come ‘piatto della domenica’ durante i mesi invernali.
Fonti di questo articolo:
- La storia del monsù ed il timballo del Gattopardo: https://www.clicksicilia.com/blogclicksicilia/blog/?la-storia-del-monsu-ed-il-timballo-del-gattopardo
- Itinerario del Gattopardo: https://www.clicksicilia.com/itinerarisicilia/itinerario-del-gattopardo.php
- L'arcano dell'arancino o arancina: https://www.clicksicilia.com/blogclicksicilia/blog/index.php?l-arcano-dell-arancino-o-arancina
- Bere emangiare: https://www.clicksicilia.com/beremangiaresicilia/
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