Le truvature in Sicilia o tesori nascosti

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Le truvature in Sicilia o tesori nascosti

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Pubblicato in Cultura e Società · Mercoledì 07 Apr 2021
Tags: truvaturetesorinascostistoried'incantesimimaledizionieleggendeSicilia

Le truvature in Sicilia o tesori nascosti in Sicilia

Le truvature in Sicilia, o tesori nascosti, storie di denari d’incanti di persi e trovati, le storie delle “Truvature”, risalenti al dominio arabo in Sicilia.

Nel vocabolo siciliano “attruvatura o truvatura” si suole indicare l’atto del ritrovamento di un tesoro nascosto, dimenticato dai più ma non nella speranza di tutti.
I numerosi racconti sono orali, si tramandavano da padre in figlio, come unra ricetta segreta ed il popolo era attaccato a questa tradizione, come la speranza di una vita migliore.

Probabilmente le tante storie e leggende delle “truvature” sarebbero nate a seguito di ritrovamenti reali di tesori, nascosti dai siciliani tra un’invasione ed un’altra.

Alcuni sostengono che le tante storie e leggende delle “truvature” sarebbero nate a seguito di ritrovamenti reali di tesori, nascosti dai siciliani che, sballottati fra un’invasione e l’altra, un’imposizione fiscale e quelle dei conquistatori di turno, si sarebbero abituati a nascondere i risparmi sottoterra e nei modi più ingegnosi.
Secondo le credenze popolari, questi tesori nascosti stavano in simbiosi con l’incantesimo e la magia; il più delle volte essi erano rivelati in sogno da un parente defunto, o dalle fate che indicavano il posto preciso con tutti i particolari del rituale magico da seguire.

“La trovatura – scrive Andrea Camilleri – è un tesoro che un povero contadino rinviene casualmente nel terreno che sta zappando, tesoro che gli cambia per sempre l’esistenza facendolo diventare favolosamente ricco. Di solito la trovatura consiste in alcuni contenitori di terracotta (giare o quartare) stracolmi di monete d’oro, nascosti anticamente sottoterra dai briganti o da qualche proprietario terriero minacciato nelle sue ricchezze e da allora mai più potuti recuperare”.
(Andrea Camilleri, “Il cielo rubato”)
Le “truvature” sono legate alle “leggende plutoniche”, che compaiono soprattutto nel Sud della nostra penisola (ma non solo!) e sono così chiamate in omaggio al dio ctonio Plutone, divinità del sottosuolo. Tuttavia come tutte le leggende, sempre in bilico tra fantasia e realtà, anche queste hanno spesso un fondamento storico.
“Là dove sono ruderi di antichità greche o avanzi della dominazione araba, o resti d’un vecchio edificio qualunque, – scrive l’etnoantropologo Giuseppe Pitrè – si è certi di trovare siffatti tesori, nascostivi dai padroni che li possedettero e che non poterono trafugarli in altra terra o portarli all’altro mondo”.

Secondo la leggenda, le “truvature” sarebbero di due tipi: quelle “libere” consisterebbero nei tesori scoperti per caso; per quelle “legate”, invece, sarebbe necessario possedere “la chiamata”, ossia la formula magica per entrarne in possesso. E qui entra in gioco la “spignatura”, lo “smagamento”, il disincanto; insomma, il rituale magico indispensabile per neutralizzare il sortilegio che protegge il tesoro, “legandolo”. Le “spignature”, oltre che misteriose, sono spesso molto cruente, in quanto prevedono il sacrificio di una o più persone, come accade, per esempio, per il tesoro sepolto sotto il monte Calvario, nei pressi di Caltabellotta, o per quello della cava di S. Lena, a Chiaromonte, dove sarebbe addirittura nascosto un intero gregge di pecore d’oro. A Borgetto (Palermo), nelle grotte di Ddisisa, per “sbancare” il tesoro, “ci vogliono tre uomini che si chiamino Santi Turrisi, nati in tre città capitali del Regno; e poi bisogna pigliare una giumenta bianca, ucciderla e toglierle le interiora. E queste interiora bisognerà mangiarle a frittella: e bisognerà infine uccidere i tre Santi Turrisi” (Giuseppe Pitré, “Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani”, Palermo I875, voI. 4, pp. 87-88). Buon ultimo, anche chi riuscisse a portare a termine questo rituale, non troverebbe più la via d’uscita.

Per scoraggiare i più queste credenze popolari, questi tesori nascosti, andavano di paripasso o in simbiosi, con l’incantesimo o la magia. Il più delle volte venivano rivelati in sogno da un parente defunto, o dalle fate che indicavano il punto con dovizia di particolari del rituale magico da seguire, per potere accedere al luogo e raccogliere il tesoro.

Ma questi luoghi, tra la magia e l’incantesimo, potevano essere trovati solo se a “spignari” a togliere l’incantesimo da coloro che erano stati indicati nel sonno, il segreto non doveva essere confidato a nessuno pena non sarebbe avvenuto l’incantesimo. Nella prassi l’operazione di recupero doveva essere fatta a mezzanotte, con la luna piena e si dovevano rispettare pedissequamente i rituali svelati.

Esempi di Truvature o tesori Siciliani:

La truvatura o tesoro di Randazzo

Alcune delle truvature siciliane più famose si trovano ai piedi dell’Etna. Una, più in particolare, si trova nel versante nord del vulcano, in uno dei luoghi più importanti della città di Randazzo: la basilica minore di Santa Maria Assunta. Al di sotto dell’antichissima chiesa, risalente al tredicesimo secolo, secondo le leggende, si troverebbe una camera segreta, dove si celerebbe un immenso tesoro, tra cui una chioccia attorniata da pulcini adornati d’oro e preziosi. Tuttavia, raggiungerlo è quasi del tutto impossibile. La stanza, infatti, di per sé protetta da sette pesantissime porte in ferro, tutte difese da creature mostruose, si trova, inoltre, in fondo a una lunghissima galleria di roccia vulcanica. Secondo la leggenda, le porte si aprono solamente in un lasso di tempo quasi impercettibile: nel momento in cui l’ostia sacra viene alzata al cielo, durante la celebrazione eucaristica natalizia. Chi volesse impadronirsi dei grandi tesori della stanza segreta della basilica di Randazzo, quindi, dovrebbe essere più rapido che mai. Nel momento in cui l’inconsapevole sacerdote abbassa l’ostia, infatti, le porte si richiudono, lasciando il temerario malcapitato intrappolato nella truvatura. Fino al Natale dopo o, molto più verosimilmente, per sempre.

La truvatura di Acireale e Castiglione di Sicilia

Anche la città di Acireale ha il suo tesoro: si troverebbe al di sotto di una gigantesca pietra, e viene comunemente chiamata truvatura della sarpa. Quest’ultimo è il nome di un pesce che, secondo la leggenda, va mangiato crudo e “annaffiato” da un’intera anfora di vino, il tutto mentre ci si trova seduti sopra la grande pietra che protegge la stanza. Un compito, a quanto pare, impossibile: sebbene si racconti che in molti abbiano tentato, solo uno sarebbe arrivato vicinissimo ad aprire la stanza segreta, fallendo però proprio all’ultimo boccone di sarpa.

Da un’enorme pietra, infine, sarebbe coperta la truvatura presente nei pressi del Castello di Castiglione di Sicilia; anche in questo caso, come a Randazzo, oltre ai tantissimi tesori, vi si troverebbe una chioccia con dei pulcini dorati.

La truvatura del banco di Disisa

Tra le truvature più famose in giro per la Sicilia, vi è sicuramente il bancu di Disisa, nei pressi di Monreale, al quale anche il celebre cantautore siciliano Mario Venuti ha dedicato una canzone dal titolo omonimo. Sopra il gran tesoro vigilano diversi spiriti, che passano il loro tempo giocando a carte: nessuno di loro si opporrebbe, stando a quanto dice la leggenda, al veder portar via il tesoro. Questo perché, effettivamente, le grandi ricchezze sono impossibili da portare al di fuori della grotta in cui giacciono: una maledizione farebbe in modo di confondere l’avventuriero, impedendogli di trovare l’uscita finché tutti i preziosi manufatti non saranno rimessi al proprio posto.
C’è, tuttavia, un modo per spezzare la maledizione: chi desidera accaparrarsi le ricchezze del banco di Disisa deve portare con sé una giumenta e tre uomini, tutti dal nome Santi Turrisi. Vi è però una gran difficoltà: una volta sacrificata la giumenta e mangiatene le interiora fritte, infatti, bisognerà uccidere i tre Santi Turrisi. Un compito difficile, destinato solamente a chi non si fa scrupoli per vivere il resto della propria vita da nababbo.

La truvatura di monte Scuderi

A Messina, invece, vi sarebbero due leggende per lo stesso luogo, il monte Scuderi. La prima riguarda una giovane principessa, tenuta prigioniera in una grotta, posta a guardia eterna dei tesori del padre: solo dopo difficilissime prove, tutte da sostenersi in una notte sola, gli avventurieri avrebbero potuto liberare la principessa e godere delle infinite ricchezze alle quali faceva la guardia.
La seconda leggenda sarebbe nata, invece, nel 1612, quando il sultano Ahmed I mandò un gruppo di soldati alla ricerca di un lago sotterraneo sotto la vetta del monte, nei pressi del quale vi sarebbe stata una grotta dove avrebbero potuto trovare un gran tesoro. La grotta in questione, però, crollò sugli uomini del sultano: ecco perché, da allora, la leggenda narra di una feroce maledizione, scagliata contro chi cerca di recuperare il tesoro del monte Scuderi.

La truvatura della grotta di Calafarina

Legata al mondo arabo, infine, vi è la grotta di Calafarina, situata a Marzamemi, nel siracusano. Tra le varie leggende che circolano su di essa, una delle più celebri riguarda la morte di Ben Avert, emiro di Noto, ucciso dai Normanni nel 1086. Rimasti senza scampo, la vedova e il figlio decisero di partire alla volta dell’Egitto: arrivati a Marzamemi, però, prima di lasciare per sempre la Sicilia, decisero di nascondere in un luogo sicuro l’immenso tesoro dell’emiro.
La leggenda racconta di più di cento muli, carichi d’oro e preziosi. Una volta messo al sicuro il tesoro, la vedova diede l’ordine di uccidere gli schiavi che si occuparono di portarlo all’interno della grotta, per non divulgarne il segreto. Secondo la leggenda, ancora oggi si possono sentire le urla disperate, nelle notti di febbraio, degli spiriti degli schiavi, rimasti a guardia, da allora, dell’immenso tesoro: attendono chi, invocato dalle loro grida, possa liberarli una volta per tutte.

La Grotta dei Dinari, Contessa Entellina, della Grotta dei Dinari si ritiene sia nascosto un tesoro protetto da incantesimi e sortilegi.  Secondo un’altra tradizione nella grotta abita un mostro strisciante dalle quattordici teste: solo offrendogli giornalmente in pasto una fanciulla è possibile sedarne l’ira.

A Monreale la truvatura del bancu di Disisa

In una grotta presso il Feudo Disisa ci sarebbero, infatti, talmente tante monete d’oro e d’argento da rendere florida tutta la Sicilia. Il tesoro è incustodito, chiunque perciò potrebbe impossessarsene. Nessuno, però, inutile dirlo, vi è riuscito, anche il celebre cantautore siciliano Mario Venuti ha dedicato una canzone dal titolo omonimo. Sopra il gran tesoro vigilano diversi spiriti, che passano il loro tempo giocando a carte: nessuno di loro si opporrebbe, stando a quanto dice la leggenda, al veder portar via il tesoro. Sembra che una maledizione farebbe in modo di confondere l’avventuriero, impedendogli di trovare l’uscita finché tutti i preziosi manufatti non saranno rimessi al proprio posto.
C’è, tuttavia, un modo per spezzare la maledizione: chi desidera accaparrarsi le ricchezze del banco di Disisa deve portare con sé una giumenta e tre uomini, tutti dal nome Santi Turrisi. Vi è però una gran difficoltà: una volta sacrificata la giumenta e mangiatene le interiora fritte, infatti, bisognerà uccidere i tre Santi Turrisi.

Villalba, una roccia alta e misteriosa conosciuta come “Pizzo di Lauro”. Si dice che chi riuscisse a compiere l’ardua impresa di arrivare in cima diventerebbe il più ricco del mondo e anche il più felice, perché oltre ad arricchir se stesso arricchirebbe tutto il paese.

Queste, naturalmente, sono poche delle tantissime leggende che avvolgono la storia della Sicilia. Pronti, dunque, ad armarvi del necessario per spezzare le maledizioni e provare a recuperare gli immensi tesori, per vivere per sempre da nababbi?
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